Perché mangiare pesce?
Il pesce è considerato, a ragione, un alimento indispensabile per un’alimentazione corretta e sana. Sono molte le buone ragioni alla base di questa convinzione. Innanzitutto la carne dei pesci va considerata, per quanto riguarda il contenuto degli aminoacidi essenziali, allo stesso livello delle altre carni ma con il vantaggio di una migliore masticabilità e digeribilità, caratteristiche che la rendono adatta anche per chi deve tenere una dieta più leggera per problemi di salute, per i bambini o per gli anziani. La migliore digeribilità di una trota rispetto ad una bistecca, per fare un esempio, è comunque una qualità di cui possono avvantaggiarsi tutti: dal lavoratore che dispone di un breve intervallo-mensa, allo sportivo che vuole tenersi leggero prima di un impegno muscolare.
Ma c’è anche un’altra ragione importante: il pesce annovera dalla sua parte anche un più basso numero di calorie e di grassi saturi. I pesci, di mare o di acqua dolce, hanno infatti generalmente meno grassi delle carni, ed anche le qualità meno magre, come il tonno o il pesce azzurro, hanno dei tipici grassi polinsaturi (assenti nella carne) che influiscono sull’eccessiva “viscosità” del sangue, sulla coagulazione e sulla stessa permeabilità ed elasticità delle pareti cellulari. Attualmente, le raccomandazioni delle linee-guida dell’alimentazione di tutti i paesi concordano nell’incoraggiare il consumo del pesce, proponendo almeno due o tre pasti settimanali a base di questo alimento. Sembra che il consiglio sia stato recepito, finalmente, anche dagli italiani che in passato figuravano al gradino più basso della scala europea dei consumi, malgrado gli 8000 km di coste.
Quanto occorre mangiarne?
In genere i nutrizionisti concordano nel consigliare a tutti di mangiare pesce 2/3 volte a settimana. Nell’invecchiamento o in situazioni particolari (diete squilibrate, obesità, diabete), poi, alcuni derivati dell’acido linolenico (un acido omega 3 contenuto nel pesce, indispensabile per l’organismo) non possono più essere ricavati alla velocità e nei quantitativi ottimali. Perciò, mangiare una porzione di pesce un paio di volte a settimana può fornire anche quei derivati intermedi (i famosi omega 3) capaci di riequilibrare i rapporti fra le varie frazioni grasse del sangue e di ridurre la trigliceridemia.
Per chi ama i crostacei c’è un’ulteriore buona notizia: non saranno quei pochi grammi di colesterolo in più a rappresentare un pericolo per il cuore e le arterie, perché in assenza del vero e più pericoloso complice alimentare del colesterolo, rappresentato dagli acidi grassi saturi, il rischio è modesto. Perciò, non è indispensabile rinunciare ai crostacei e ai molluschi, pur dovendo precisare che questi alimenti non hanno i pregi del pesce azzurro o dei pesci “a trancio”.
Nel pesce azzurro, nelle trote e nel salmone è presente anche un discreto quantitativo di grassi ma, in questo caso, non pericolosi e sicuramente protettivi nei confronti della trigliceridemia e della salute del cuore. I pesci, poi, freschi o surgelati, si eguagliano sul piano igienico e nutrizionale, indipendentemente dal gusto. Quindi, non accontentiamoci di riscoprire il pesce soltanto nei ristoranti specializzati ma consumiamolo più spesso, anche a casa.
E per i “non amanti” del pesce?
Molti pensano al pesce come ad un piatto inevitabilmente costoso, scomodo da preparare, magari da consumarsi sporadicamente al ristorante. O ancora, c’è chi non lo ama affatto. Va però detto che ormai le industrie forniscono porzioni già preparate di filetti, freschi, surgelati ma anche affumicati, che sono molto pratiche da utilizzare. Non va poi dimenticato che esiste anche l’ottimo tonno in scatola, un prodotto economicamente accessibile e che si presta alla preparazione di molti piatti (per esempio una ricca insalata). Spesso rappresenta l’unica varietà di pesce che è possibile consigliare come alternativa a chi non sa apprezzare il pesce fresco o surgelato. Per chi deve sottostare a diete ipocaloriche, poi, può essere utile inserire nel proprio menu il tonno in scatola “al naturale” che contiene meno dell’1 per cento di grassi e ha dal 20 al 25 per cento di proteine. Le confezioni individuali più piccole (80 grammi) dovrebbero entrare a pieno diritto nelle più rigide diete dimagranti per le loro calorie dichiarate (meno di 80 aporzione).
Quali sono i vantaggi degli allevamenti di pesce?
L’acquacoltura italiana, con i suoi prodotti naturalmente garantiti per freschezza (i fornitori non hanno problemi nel prelevare trote, spigole e orate, poche ore prima dell’invio ai mercati), ma garantiti anche dalla facilità dei controlli igienici sulle acque e sui mangimi, ha contribuito all’espansione dei consumi e presumibilmente potrà fornire dei prodotti sempre più competitivi col pescato marino. Tuttora resiste però un atteggiamento d’incertezza, che vede nei prodotti di acquacoltura un sostituto poco pregiato. La carne delle trote, come delle spigole o delle orate allevate in acquacoltura, va considerata, dal punto di vista del valore proteico, allo stesso livello di qualunque altra carne. Ma ci sono altri vantaggi: la fornitura giornaliera di pesce sempre fresco, assolutamente igienico, di costo competitivo con tutti i cibi proteici e di estrema praticità di uso, perché all’occorrenza già pulito e spinato dai produttori.
Per la parte grassa, i pesci di acquacoltura hanno delle modeste diversità di contenuti, rispetto agli equivalenti marini. I preziosi grassi della serie omega-3 sono quantitativamente di poco inferiori nelle trote di allevamento, rispetto alle trote pescate in acque fredde e profonde, ma non dimentichiamo che gli stessi grassi “buoni” sono praticamente assenti nelle altre carni. La sperimentazione scientifica ha ormai documentato i vantaggi di una dieta abitualmente ricca di pesce sul livello dei trigliceridi e sulla fluidità del sangue. Quando poi si parla di spigole o di orate, si aggiunge una ridotta presenza di grassi totali. Una porzione di questi pesci può contribuire alla sazietà molto più di altri cibi proteici fornendo altrettante proteine pregiate (quasi 20 grammi per 100 grammi di prodotto) ma con una minore quantità complessiva di calorie (100-150 kcal per 100 grammi).
Quindi la moderna acquacoltura ha tutti i requisiti per avvicinare vantaggiosamente un sempre maggior numero di italiani al consumo abituale del pesce. Per la Scienza dell’alimentazione non esiste concorrenza fra i diversi alimenti proteici ma soltanto una logica dell’alternanza, dettata dalla razionalità scientifica oltre che dal gusto. Al riguardo, le trote di acquacoltura sono uno dei possibili anelli di congiunzione tra dietologia e gastronomia.
A cura di Monica Di Dionisio
Giornalista
Con la consulenza di Eugenio Del Toma Presidente Onorario dell’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica